Soltanto un asmatico su quattro si cura bene

In questo articolo della dottoressa Angelica Giambelluca, apparso su “Corriere della Salute” del “Corriere della Sera”, questa malattia trascurata o sottovalutata dai più appare come possa divenire grave, anche per i più giovani, non trascurando che la Pianura Padana (dove viviamo) con le sue nebbie ed altro non contribuisce in maniera positiva.

La patologia cronica delle vie aeree è molto diffusa, in Italia colpisce oltre quattro milioni di persone.

Le terapie efficaci esistono ma chi ne ha bisogno (anche nelle forme più lievi) non le segue con la dovuta attenzione. 

Un comportamento che può esporre a rischi molto seri.

Evitano gli sforzi e gli sport. Chi ne soffre teme anche le gite in campagna.

Parliamo dei malati di asma, una malattia cronica delle vie aeree che colpisce 300 milioni di persone in tutto il mondo, di cui oltre 4 e mezzo in Italia. Pazienti che hanno un’aderenza terapeutica molto bassa. 

Secondo i dati di Iqvia, provider di informazioni e tecnologie in ambito sanitario, nel 2020 solo il 26 per cento di chi è affetto da asma ha seguito le terapie prescritte. 

Se si osservano i dati per fasce d’età, si scopre che gli under 40 hanno seguito con attenzione le cure nel 17 per cento dei casi mentre gli over 60 raggiungono il 31 per cento.

Questo per l’asma lieve e moderata, mentre per l’asma grave (che interessa circa l’8 per cento degli asmatici) esistono terapie a base di farmaci biologici, oltre a quelle inalatorie, per le quali l’aderenza è maggiore. 

Il problema, quindi, riguarda soprattutto l’asma lieve e moderata.

Problema sottovalutato

Uno dei motivi alla base dell’incostanza nelle cure è da ricercare nell’atteggiamento dei pazienti stessi: “ I giovani, soprattutto, non accettano di buon grado l’idea di essere malati e di doversi curare – commenta Sergio Harari, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche, dell’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Medicina Interna all’Università statale di Milano – Il punto è che nel caso dell’asma lieve, non avendo sintomi al di fuori delle crisi respiratorie, le persone credono di star bene e quindi non reputano necessario seguire costantemente la terapia. Ma il trattamento dell’asma non va effettuato solo a chiamata durante gli attacchi, bensì per tutto il tempo che il medico ritiene opportuno, spesso tutta la vita”.

Eccessi da evitare

In altri casi può succedere che la terapia inalatoria (a base di inalazione di cortisonici associati a broncodilatatori) sia usata “al bisogno” in modo eccessivo.

“Se si superano le tre o quattro somministrazioni “ al bisogno” alla settima – sottolinea Gianenrico Senna , allergologo e presidente Siaic, Società Italiana di allergologia, asma e immunologia clinica – significa che la malattia non si sta controllando in modo adeguato”.

La pandemia potrebbe aver aumentato,  anche se di poco, l’aderenza ma si è ancora lontani da una gestione consapevole di questa malattia.

Trattamenti

“ Il paziente non dà alla terapia inalatoria la stessa dignità della cura a base di pillole – chiarisce Francesca Puggioni, pneumologa del Centro medicina personalizzata asma e allergie e capo sezione clinico-organizzativo ImmunoCenter in Humanitas Milano – perché alla persona occorre fornire tutte le informazioni per curarsi in modo consapevole:  di che tipo di asma soffre, cosa può fare la terapia. 

Il cortisone e i broncodilatatori assunti per via inalatoria, infatti, non solo annullano i sintomi della crisi respiratoria, ma hanno anche un ruolo preventivo”.

“ Un’asma non trattata nel modo giusto nel tempo può favorire il cosiddetto meccanismo di remodeling – continua l’esperta- le pareti dei bronchi, costantemente infiammate, si inspessiscono così tanto da cambiare forma: il bronco diventa “iperplastico” e si chiude progressivamente. A 50-60 anni una persona potrebbe avere la funzionalità respiratoria compromessa, proprio perché da giovane non ha curato in modo corretto l’asma”.

Adattarsi alla malattia 

I pazienti tendono a vedere questa patologia come un disturbo momentaneo e trascurano gli effetti sul lungo periodo.

Credono di non dover assumere i farmaci in modo costante perché non hanno sintomi evidenti, ma in realtà non hanno sintomi evidenti, ma in realtà chi gestisce male l’asma vive la vita in modo molto limitato.

E cade nella cosiddetta “sindrome da decondizionamento”: il paziente con asma, per non avere attacchi, smette di fare certi sforzi, di frequentare ambienti dove potrebbero essere presenti agenti irritanti o allergeni, di praticare sport.

Preferisce limitare la propria qualità della vita piuttosto che assumere i farmaci che gli permetterebbero di viverla pienamente.

L’obiettivo del trattamento personalizzato, infatti, è permettere che venga condotta una vita normale, senza privazioni.

Pericoli

Anche perché di asma lieve, non controllata e non curata, si può morire.

Uno studio italiano pubblicato nel 2016 sul World Allergy Organization Journal ha analizzato una serie di decessi per asma avvenuti tra il 2013 e il 2015 in Italia: 24 casi di cui 17 solo nel Veneto.

Questi ultimi avevano tra i 10 e i 40 anni, ed erano tutti soggetti atopici (vale a dire con predisposizione a sviluppare allergie). Nessuno dei pazienti era in terapia regolare, ma secondo le cartelle cliniche, a 13 di loro era stato consigliato di assumere beta-agonisti a breve durata d’azione (SABA) e cicli di cortisone per via inalatoria

Chiedere aiuto

L’asma non si può mai sottovalutare. 

Se si sospetta di avere questo disturbo occorre parlarne con il proprio medico.

Può essere anche utile rivolgersi ad associazioni di pazienti come FederAsma e Respiriamo insieme, che possono aiutare a gestire la malattia.

Covid 

La percezione cambiata con la pandemia 

La pandemia potrebbe aver aumentato , anche se poco, la percezione della malattia nei soggetti asmatici. Secondo uno studio pubblicato su Thorax, infatti, in Scozia e Galles gli accessi in pronto soccorso per asma sono crollati del 36% e in Inghilterra sono diminuite le riacutizzazioni più severe.

L’ipotesi è un cambiamento nella gestione della patologia.

“L’aumento dell’aderenza nei soggetti asmatici potrebbe essere legato alla paura di contrarre la Covid-19, visto che si è portatori di una malattia respiratoria” commenta Sergio Harari. Tra l’altro non ci sono evidenze che indichino l’asma come fattore di rischio per Covid-19.