Chi mi aiuta a trovare lavoro?

Questo è un articolo scritto con passione da Gabriella Grasso,  pubblicato su “Elle Inchiesta” e che vuole sollecitare il mondo femminile ad avere più fiducia e collaborazione con coloro le quali hanno messo a conoscenza delle altre donne le opportunità in un mondo molto maschilista e chiuso e, che sono riuscite a conquistare con fatica e perseveranza, posizioni anche uniche.

Chi da una mano a sistemare il curriculum, chi a rifarsi il look: ecco i network che accompagnano le donne in cerca di occupazione. 

Perché per farcela la competenza non basta: servono anche fiducia e solidarietà. La percentuale di donne tra i nuovi disoccupati dovuti alla crisi da pandemia arriva al, 70%

Mentre 56% è il tasso di occupazione femminile nel nostro Paese nel 2018.

I numeri li conosciamo già 444.000 occupati in meno in Italia nel 2020, di cui il 70 per cento donne.

E parliamo di un Paese che già non brillava per eque opportunità: se nel 2018 in Europa il tasso di occupazione femminile era del 67 per cento, quello italiano si attestava sul 53 per cento (dati Eurostat).

Ma  poiché la pandemia sembra finalmente cedere il passo alla speranza e a timidi segnali di ripresa economica, perché non concentrarci, per una volta, sulle buone notizie? Ovvero: esistono reti e associazioni che aiutano le donne a ritrovare energia, autostima e lucidità per inserirsi o re-inserirsi nel mondo del lavoro. Nel nome della solidarietà femminile.

Una di queste è Dress for success, ong nata negli Usa che adesso ha sede anche a Roma e Milano (dressforsuccess.org). 

L’idea è semplice ma geniale: fornire, gratuitamente, non solo le competenze ma anche gli abiti adatti per affrontare un colloquio di lavoro. “Il primo passo che compiamo con chi viene da noi è il bilancio delle competenze: mettere nero su bianco cosa si sa fare. 

Si stende il curriculum e lo si carica sui siti aggregatori di offerte di lavoro. Poi ci si concentra sulle proprie aspirazioni e sul look: con una personal stylist si scelgono, nella nostra boutique, i capi di abbigliamento più giusti per presentarsi a un datore di lavoro”, spiega Odile Robotti, presidente dell’associazione milanese.  Gli abiti sono donati da privati e da aziende di abbigliamento. Le donne che si rivolgono all’ong hanno in media 45/50 anni. “Alcune non hanno mai lavorato ma adesso sono costrette per difficoltà economiche. Altre sono uscite dal mercato per scelte personali o per un licenziamento e hanno bisogno di rientrarvi”, aggiunge Robotti. 

Essere accompagnate in un percorso che passa (anche) dalla cura dell’aspetto è molto rassicurante. Lo conferma Palma: “ Grazie alle consulenti di DFS ho messo in atto una “ri-considerazione” di me da tutti i punti di vista, anche quello dell’immagine. Ho affrontato con fiducia i colloqui in un’azienda, che alla fine mi ha preferito ai candidati più giovani, sostenendo che mi ero presentata nel modo più giusto ed efficace”

Secondo Sofia Borri, presidentessa dell’associazione Piano C (pianoc.it): “Il numero delle donne disoccupate o male occupate (perché pagate poco, oppure in un ruolo non all’altezza della loro preparazione), costituisce un capitale umano sprecato e invisibile al mercato: quando se ne esce, infatti, per una maternità oppure perché ci si è dedicati alla cura di un anziano, il talento non viene più visto”.

Piano C aiuta le donne a riconnettersi con le proprie competenze: non solo quelle di un eventuale attività professionale precedente, ma anche quelle acquisite durante esperienze di vita. 

“Quasi sempre si tratta solo di far emergere ciò che già c’è ma è sottostimato: spesso le donne si convincono di non avere competenze interessanti” .

L’empowerment è fondamentale. Lo ribadisce Marta, che ha seguito un percorso di Piano C: “ Ho riscoperto i miei punti di forza e ho trovato il coraggio di bussare a tante porte, di presentarmi con nuove consapevolezze e affrontare sfide che, se a prima vista mi sembravano troppo grandi, adesso mi regalano grandi soddisfazioni”. Chi si rivolge a Piano C ha in media tra i 35 e i 55 anni. 

Per partecipare ai percorsi proposti (che sono a pagamento oppure gratuiti se sostenuti da un’azienda) basta rispondere a una delle call che vengono lanciate, a cui seguono delle selezioni. Il 14 giugno, per esempio, si aprirà una call per il progetto Leocrema con le donne, un percorso di riprogettazione professionale volto a valorizzare il talento femminile sponsorizzato dallo storico brand italiano per la cura della pelle (dettagli sul sito di Piano C).

Per chi si occupa di rimettere in moto energie e professionalità accantonate, le parole chiave sono soprattutto due: networking e mentoring. “Un po’ perché presenti nel mondo del lavoro da meno tempo, un po’ perché abituate a condividere tra di loro più informazioni personali che professionali, le donne non fanno rete come i maschi. 

E la diffusa “ sindrome dell’impostore” contribuisce alla loro ritrosia a valorizzarsi e raccontare i propri successi” racconta Francesca Dellisanti, presidentessa di Young Women Network, una rete per donne tra i 25 e i 35 anni che conta 500 socie e circa 50 volontarie.

Cosa fa il network? Organizza momenti di formazione sulle soft skills ed eventi di networking  per condividere le proprie competenze. Propone anche il progetto Inspiring mentor, che consiste nell’abbinare –per sei mesi- una giovane con una mentor con esperienza. “Solo nel 2021 abbiamo creato oltre 200 coppie”, racconta Dellisanti. “Una rete ti aiuta quando devi prendere decisioni, quando sei insoddisfatta del tuo lavoro e vuoi cambiare, quando devi metterti alla ricerca di un impiego. Ti fa anche sentire meno sola, come è successo a me che dalla Puglia, dopo un anno a Londra, sono approdata a Milano e in YWN ho trovato donne con cui confrontarmi e condividere aspirazioni e voglia di crescere”.

Parlarsi, incontrarsi, fare rete, uscire dal guscio: tutto serve quando si cerca lavoro.

Ne sono convinte Ilaria Cecchini e Ilaria Basili, fondatrici di Women at Business (womenatbusiness.com), una piattaforma sulla quale un algoritmo si occupa di incrociare i profili delle donne iscritte (gratuitamente) con i ruoli disponibili presso le aziende registrate (a pagamento). 

Dopo un anno di vita, WaB conta 4300 iscritte e vanta circa 1000 match. “ Noi non sappiamo come gli incontri tra donne e aziende vadano a finire, ma ciò che è importante è essere attive, crearsi nuovi contatti: perché da cosa nasce cosa”, specifica Ilaria Cecchini. Chi si iscrive a WaB ha dai 28 ai 55 anni e professionalità diverse (dall’ingegneria biomedica, all’avvocata, alla veterinaria). Ci sono anche molte neolaureate che, essendo native digitali, hanno l’abitudine a usare strumenti online. 

“Ma i feedback più commoventi arrivano dalle donne che faticano a rientrare nel mondo del  lavoro. Una ci ha ringraziato perché aveva ricevuto un match: a prescindere da come sarebbe andata, era felice perché da anni nessuno la considerava più professionalmente”, racconta Laura Basili.

Il mercato del lavoro richiede alle donne coraggio e caparbietà anche quando il lavoro c’è ma è autonomo, quindi potenzialmente sempre a rischio

Per questo qualche anno fa a Torino è nata Rete al Femminile (rete alfemminile.com) un’associazione di libere professioniste (dalle imprenditrici alle media manager, alle commercialiste) che oggi conta 35 reti locali in tutta Italia. “ Le donne che lavorano in proprio hanno problemi specifici. 

Per dirne una: solitamente i gruppi di networking propongono incontri in orari incompatibili con le esigenze di chi si fa carico del lavoro familiare e di cura” , spiega la presidentessa Anna Venere (pseudonimo che ha adottato quando ha lasciato la professione di ingegnera per diventare consulente di immagine).  “C’è una maggiore difficoltà di accesso al credito. E, come la pandemia ha reso evidente, chi non ha un ufficio spesso deve rinunciare a lavorare perché in casa altre esigenze prendono il sopravvento”.  L’attività della Rete consiste nel creare occasioni di incontro (virtuali al momento) durante le quali scambiarsi idee e mettere a disposizione delle altre le proprie competenze. “Accogliamo anche donne che, pur lavorando da dipendenti, hanno già avviato un’attività in proprio: a volte, proprio grazie al network, trovano il coraggio di lasciare un impiego che non le soddisfa e lanciarsi in una nuova avventura”.