Dormire aiuta a combattere il virus

Tutte le notti arriva, per  ognuno di noi il momento in cui si decide di dormire. Può avvenire per abitudine, per stanchezza o perché si ha un impegno il giorno seguente. È l’attimo in cui la giornata finisce e ci si abbandona tra le braccia di Morfeo, nella speranza che ci restituisca riposati alla mattina dopo.

Durante la pandemia questa rigenerazione però viene messa in discussione . “I disturbi del sonno – spiega Vincenzo Tullo, neurologo, responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee dell’Humanitas  di Milano – vengono classificati in primari, in correlati a problemi psichici o a disturbi generali e in indotti da sostanze. Esiste un collegamento noto tra angoscia, ansia e depressione, esacerbate dalla crisi sanitaria ed economica, e riposo. In questo periodo anche chi non ha mai avuto problemi di insonnia scopre di soffrirne con tutte le conseguenze per la sua giornata.”

In una persona sana simili disturbi emergono solitamente dopo i 60 anni, quando il sonno si riduce. Ora, invece, accade anche ai giovani. “Secondo uno studio sugli studenti e sul personale dell’università – racconta Luigi Ferini Strambi, neurologo e direttore del Centro Medicina del sonno del San Raffaele di Milano – nell’ultimo anno si sono modificate molte abitudini, tra cui gli orari. Tutti sono andati a letto più tardi e non sempre recuperando il giorno dopo. Il punto è che il sonno potenzia il sistema immunitario e tra i pazienti Covid chi dormiva meglio ha avuto una prognosi migliore, per esempio grazie alla risposta dei globuli bianchi. La durata del ricovero di chi riposava male, invece è stata di una settimana superiore. Inoltre, i disturbi del sonno sono ai primi posti delle conseguenze tardive del Covid. Non si tratta tanto di problemi respiratori, quanto di inizio e di mantenimento dello stato di riposo”. Le nostre notti – com’è noto – sono fatte di quattro o cinque cicli di fasi Rem (circa il 25% del totale) e non Rem (il 75%) che si alternano. Si sogna in entrambe, ma solo al risveglio preventivo dalla prima si può ricordare . “Succede quando si viene destati da un incubo o per un rumore, mentre chi non rammenta nulla è un buon dormitore”, rivela Tullo. “Ma, oltre ai disturbi dovuti a problemi psichici ci sono quelli primari , come il sonnambulismo, il sonniloquio e gli incubi, a cui non sempre le terapie trovano soluzione. Il sonnambulo, in particolare, è colui che durante la  notte attiva impropriamente il sistema nervoso, ma niente leggende metropolitane: al massimo fa qualche passo e, se non inciampa, torna a letto senza accorgersene”.

Per individuare questa come altre patologie gioca un ruolo fondamentale il partner, che può notare comportamenti sospetti. È il caso, continua Tullo, del “russatore con problemi delle vie aeree, che possono chiudersi e portare all’apnea notturna, spesso correlata a colpi di sonno durante il giorno. Mentre un segno di stanchezza più comune sono le occhiaie, che dipendono pure da problemi metabolici”. Nel 2017 il Nobel per la medicina premiato le ricerche di Jeffrey Hall, Michael Rosbash  e Michael Young proprio sui ritmi circadiani, “che influenzano tutto l’organismo e spiegano tante patologie – ricorda Ferini Strambi – dall’ipertensione al diabete, così come la demenza, perché nel sonno profondo il sistema linfatico pulisce il cervello dalle scorie azotate”. Da cui il proverbio, “ La notte porta consiglio”. E ha senso non mangiare pesante o troppo tardi la sera, perché durante il sonno “l’apparato digerente deve riposare, tanto che l’insonnia irrita l’intestino. È questo un secondo cervello, dal momento che tante sue funzioni giocano un ruolo nell’attività cerebrale. Emozioni intense di rabbia e nervosismo attivano parti di entrambi gli organi. E l’intestino libera dei neurotrasmettitori, come la serotonina, con conseguenze sul cervello”. Ma perché passare un terzo della vita a dormire? “Il cervello ha bisogno di distrarsi – spiega Tullo – e di mettere a punto memoria, sistema immunitario, metabolismo, parte ossea e muscolare. Il sonno serve a preparare la giornata successiva e chi dorme male è più predisposto alle malattie”.  Le spie sono stanchezza, irritabilità, sonnolenza, scarsa memoria, poca attenzione e pressione alta. Il sonno, tra l’altro, inibisce il cortisolo e quindi dormire fa bene al cuore. Il cattivo umore, invece, è alla parte anteriore del cervello, dove ci sono i freni inibitori: senza il dovuto riposo va in ipometabolismo. Da non confondere, questa condizione, con la “Luna storta” di chi si sveglia scendendo “dalla parte sbagliata del letto”, come succede al pomeriggio, se, invece del “power nap” di 20 minuti, si scivola in un sonno profondo dal risveglio non positivo. Per un esito migliore bisognerebbe dormire almeno due ore, finendo però con l’interferire con il sonno notturno. Il pisolino fa bene se dura poco.

La regola aurea del sonno, oltre a giornate tranquille e serate con poco sport, schermi e sostanze eccitanti, è la regolarità e quindi si può recuperare qualche ora al pomeriggio o nel Weekend, ma non più di due, altrimenti si rischia l’emicrania. E non c’è differenza tra allodole e gufi, tra chi va a dormire presto o tardi: l’importante è farlo per 7-8 ore, e il momento ideale è la vacanza, quando si può dimenticare la sveglia e seguire le istruzioni di Morfeo.       

Articolo di Fracesco Rigatelli – Sezione PRIMO PIANO del ‘’Corriere della Sera’’