Quando la vita è appesa a un cordone

La raccolta di sangue cordonale è in diminuzione dal 2012 trend dovuto al calo delle nascite ma anche a scarsa informazione, eppure queste donazioni per molti malati sono l’unica speranza

“E.A.” vive in Toscana, ha 33 anni e nel 2019 è diventata mamma di “N”. Durante la gravidanza insieme con il suo compagno “L”  ha deciso che avrebbe donato il sangue del cordone ombelicale del piccolo al momento del parto. “Prima di tutto-racconta- mi sono informata sul funzionamento, poi abbiamo deciso di donarlo con la speranza che possa aiutare altre persone nella loro lotta per la vita. Ma non c’è stata molta informazione, noi l’abbiamo scelta perché eravamo già sensibilizzati sul tema”.

Quella di E. e di N. è una delle 9.749 sacchettine di sangue cordonale raccolte in Italia per essere selezionate, catalogate e bancate da parte del sistema sanitario. Dentro queste piccole sacche c’è un tesoro di cellule staminali emopoietiche deputate alla produzione di quelle del sangue: globuli rossi bianchi e piastrine. Tali cellule possono rappresentare l’alternativa, se non proprio l’ultima spiaggia, per il trapianto e la cura di leucemie, linfomi, mielomi e alcune immunodeficienze ma non solo.

Una volta superati tutti i passaggi il sangue viene stoccato e conservato congelato in azoto liquido. Il principale limite è che la quantità di cellule è piccola e spesso inadeguata a curare in particolare gli adulti. Ma va splendidamente bene per i bambini. Più le banche di tutto il mondo contengono varianti genetiche e più è probabile che soggetti malati con corredo genetico raro, e i casi sono sempre più frequenti con la nascita de figli da persone di origine diversa, possano trovare la loro compatibilità”.

Nel 2019 sono stati fatti 850 trapianti con donatore italiano e in 38 di questi casi si è attinto alle banche del sangue cordonale: 38 vite che non avevano altra speranza, 1550 dall’avvio del Registro. La raccolta è iniziata dagli Anni 90 su impulso di personalità mediche come gli ematologi Girolamo Sirchia e Franco Mandelli che avviarono studi e sperimentazioni a uso clinico. Grazie al Registro nazionale collegato con le banche di altri 138 Paesi del mondo si sono salvate migliaia di vite, in particolare di bambini. Dal 2012 però la raccolta sta progressivamente diminuendo e nel 2019  siamo regrediti ai numeri nel 2007. Sono diversi i fattori che influiscono su questo trend e preoccupano la comunità scientifica.

Il primo fra tutti è il calo della natalità: dietro ai dati Istat che certificano dal 2012 un crollo delle nascite del 20 per cento c’è anche un impatto sulla raccolta di sangue cordonale. Ma non è l’unico elemento. “Anche l’aumento dell’età media dei primi parti influisce perché è necessario che la gravidanza e il parto stesso siano privi di qualsiasi complicazione che invece – spiega la responsabile dell’area medica del Centro Nazionale Trapianti, Letizia Lombardini – è più probabile con l’avanzare dell’età. Un altro problema è la poca conoscenza fra l’opinione pubblica”.

Il processo di selezione del sangue è molto accurato e solo una piccola parte del raccolto può essere bancato. Per questo è importante che ci siano più donazioni possibili. A far concorrenza e a disincentivare la donazione pubblica è anche la conservazione per uso privato. È vero che in Italia è vietata dalla legge, ma nonostante questi divieti molte società estere riescono a fare attività di convincimento e a farsi inviare il sangue cordonale per stoccarlo in banche private, anche se non esistono prove scientifiche che esso possa essere utile ai donatori stessi: un business basato sulla scommessa che in futuro dalle proprie cellule conservate alla nascita possano essere costruiti miracoli. Proseliti a cui si oppongono anche le associazioni di volontariato.

Una di queste è Adisco. “Noi promuoviamo la raccolta pubblica e solidaristica che permette cure gratuite ed efficaci – spiega il presidente Giuseppe Garrasi – ma spesso ci scontriamo con le società  che hanno più mezzi di noi per convincere i genitori a spendere migliaia de euro al fine di conservare in modo egoistico il proprio sangue cordonale in banche private estere”. Tutti motivi per i quelli è importante che la sensibilizzazione aumenti.

“Anche se è sempre più frequente quella da parte del cosiddetto donatore aploidentico ovvero parzialmente compatibile, di solito un genitore, la donazione di sangue cordonale – spiega il direttore del Centro nazionale sangue Giancarlo Liumbruno – è ancora molto importante . Oltre a essere una risorsa aggiuntiva per chi non ha altre speranze è sempre più utilizzato per produrre farmaci come i gel piastrinici, utili per diverse patologie”.

Articolo di Giulio Sensi

Su Corriere Salute del 14.07.2020