
È urgente potenziare i servizi di salute mentale
Tra le lunghe ombre lasciate nella popolazione dalla pandemia Covid-19 vi è un aumento del rischio di ammalarsi di depressione, causato da tre ordini di fattori. Il primo è legato agli effetti psicologici dovuti alla pandemia e alle misure attuate per contenerla: da una parte la paura del contagio e della morte, dall’altra gli effetti dell’isolamento sociale e il cambiamento delle condizioni di vita imposte dal lockdown. Il secondo è legato alla malattia che molte persone, soprattutto in Lombardia, hanno incontrato e spesso alla morte dei loro cari, parenti stretti o amici. Infine il terzo e più grande impatto lo avrà la crisi economica, la cui onda lunga si farà probabilmente sentire nei mesi e negli anni successivi. Diversi studi condotti nel mondo (dalla Cina alla Danimarca) hanno individuato tassi di ansia e depressione doppi in coloro che hanno subito misure di quarantena, ma anche una riduzione della qualità di vita e l’emergere di sintomi depressivi in generale nelle popolazioni colpite.
In Italia in particolare, dove le morti da Covid -19 sono arrivate a 34mila, la maggior parte in Lombardia, l’unica survey condotta in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ha riscontrato che il 32% dei soggetti intervistati (uno su tre) manifesti sintomi di depressione contro il 6% degli anni scorsi. Per cercare di stimare l’impatto di queste morti sul rischio di ammalarsi di depressione possiamo fare riferimento al concetto dei lutti complicati, che colpiscono circa il 10% di chi ha perso una persona cara.
Il lutto è complicato quando non si supera, persistendo oltre i 12 mesi e causando una sindrome identica a un episodio depressivo maggiore o a un disturbo post-traumatico, con tutte le conseguenze in termini di perdita di produttività, dolore psichico e persino rischio di suicidio.
Infine l’impatto della crisi economica che dovremo affrontare, con la caduta del Pil determinerà impoverimento della popolazione e aumento del numero di disoccupati.
Le persone povere sono più a rischio di depressione. In Italia il 40% delle persone con il reddito più basso, sotto i 15 mila euro l’anno, ha un rischio doppio di ammalarsi di depressione. A oggi mancano previsioni sulla riduzione dei redditi dovuta al Covid-19, ma è evidente che se ciò accadrà determinerà un importante aumento dei tassi di depressione.
Poi c’è il problema di chi perde il lavoro. I disoccupati, ovvero coloro che vorrebbero lavorare ma non riescono a trovare un’occupazione, hanno tassi di depressione tre volte superiori rispetto ai loro coetanei in attività. Alcune stime di importanti istituti finanziari internazionali ipotizzano un aumento del tasso di disoccupazione in Italia attorno al 7%. Questo significherebbe 1.800.000 persone disoccupate in più. Utilizzando queste stime potremo vedere l’anno prossimo un aumento di 150-200mila casi di depressione in Italia, che si tradurrebbe in un aumento dei costi diretti di circa mezzo miliardo di € l’anno per il sistema sanitario oltre alla perdita di produttività.
La «tempesta perfetta» (crisi sanitaria, emotiva ed economica) va contrastata anche con un potenziamento dei servizi di salute mentale e con campagne di prevenzione e di screening nelle popolazioni più a rischio (donne, giovani, anziani) per ridurre i rischi e promuovere la resilienza.
Articolo di Claudio Mencacci
(Direttore Neuroscienze Fatebenefratelli-Sacco Milano)
Su Corriere Salute del 18.06.2020