
La paura del contagio
DIVIETO DI VISITA PER I PARENTI
Anziani isolati in casa di riposo
Anche gli affetti sono a distanza
Alla sofferenza della malattia si aggiunge lo strazio dell’isolamento, della rottura del legame fisico con i propri cari. Questo significa, in concreto, impedire le visite dei parenti negli ospedali. Inevitabile, forse. Ma doloroso. I caffè e ristoranti di fronte o dentro gli ospedali hanno ridotto i clienti abituali: “Vengono i dipendenti dell’ospedale. Ma i parenti, naturalmente, sono spariti”, raccontano i titolari.
“Solo qualcuno – aggiunge – è rimasto preso in contropiede e si è fermato a prendere un caffè aspettando l’unica finestra d’ingresso, all’ora del pranzo, per andare a trovare la mamma o la zia ricoverata”.
Davanti agli ospedali e case di riposo spesso un cartello dettagliato ferma i visitatori. E spiega che “è autorizzato l’accesso di un solo parente per ospite e unicamente nelle ore dei pasti”.
“Uno dei problemi – spiega è quello delle badanti. Che possono solo portare il cibo ai loro assistiti ma devono lasciarlo all’ingresso dei reparti”. Le direzioni spiegano che “il personale è sufficiente a garantire la cura degli ospiti in questo momento particolare. Ed è anche in grado di sopperire all’assenza di parenti e badanti”. Certo, non in tutti i casi: “Per questo – spiegano all’ospizio – entro 48 ore garantiremo a tutti i pazienti un servizio di videochiamata con i loro familiari”. Non puoi andare a trovare la mamma nella rsa? Chiamala sul tablet. Soluzione di emergenza, certamente. Ma non isolata. È la stessa che stanno adottando le 52 cliniche del gruppo Kos, il più grande gestore di rsa in Italia. “Abbiamo distribuito i tablet e abbiamo dato istruzioni al nostro personale perché assista gli anziani che hanno difficoltà ad utilizzarli”, spiegano i vertici del gruppo. Anche per i 5.300 ospiti delle strutture Kos, ingressi regolamentati per i parenti. La regola è “solo uno al giorno per paziente”. “Non possiamo tirare giù la saracinesca”, spiegano. Il problema del blocco delle visite si pone soprattutto per particolari malattie. Come l’alzehimer, quando i pazienti arrivano allo stadio di grave non autosufficienza. In quei casi non c’è tablet che tenga. Non c’è collegamento virtuale che possa sostituire quel particolare filo comunicativo che lega in modo indissolubile la persona malata con chi è stato scelto da lei come unico contatto con il mondo esterno. La malattia di alzheimer isola progressivamente il malato dal resto del mondo, lo chiude in una bolla, gli lascia, attraverso la simbiosi con un parente, un corridoio sempre più stretto attraverso cui comunicare i propri stati d’animo all’esterno. Quel corridoio è quasi sempre un dialogo tra anime, coinvolge i compagni e le compagne di una vita. Interromperlo è come tagliare un cordone ombelicale. E’ opportuno? Il decreto del governo affronta il tema e specifica: “L’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lunga degenza, residenze per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura”. Dunque spetta proprio ai medici dire la parola definitiva, valutando caso per caso.
Certamente non si tratta di decisioni semplici, che vengono prese in queste ore in migliaia di strutture in tutta la Penisola. Quando finirà? “Non si può dire. Il nostro obiettivo è quello di ridurre gli ingressi”, dicono i medici. “Più la gente circola più il contagio si diffonde. Dobbiamo tutelare i nostri ospiti e anche il personale sanitario”.