
I caregiver: “Lavoratori e non volontari”
L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa che non riconosce diritti. Il sostegno a chi presta assistenza ai parenti dipende dalle Regioni. Serve una legge nazionale: il testo andrà in discussione al Senato
Le prossime settimane saranno cruciali per circa 7,3 milioni di persone in Italia: si tratta di tutti coloro che assistono e si prendono cura quotidianamente di un parente, disabile grave o anziano non autosufficiente. In Commissione Lavoro al Senato arriva in discussione il testo di legge sui <<caregiver familiari>> (il numero 1.461), così chiamati dall’inglese <<care>> (cura) e <<giver>> (colui che dà). Il nostro Paese è uno dei pochi a non avere ancora dato diritti e tutele a questa figura: finora sono dei semplici volontari.
Nel resto d’Europa molti paesi si distinguono per essere particolarmente attenti. Il Regno Unito, la Francia, la Svezia e i Paesi Bassi, per esempio, che in base a quanto emerso dal rapporto <<Informal care>> della Commissione Europea non soltanto hanno politiche nazionali e riconoscono diritti specifici, ma offrono formazione, reddito e benefit previdenziali. Da tempo i familiari lamentano il fatto di sentirsi lasciati soli in questo enorme carico. Solo per citare qualche numero, in base a dati Inps del dicembre 2019, nel nostro Paese le persone che hanno gravi limitazioni sono tre milioni pari al 5,2 per cento. Gli anziani ultrasettantacinquenni in condizioni di disabilità sono un milione e mezzo. E 2,3 milioni di famiglie vivono con almeno una persona con limitazioni gravi. Non è difficile immaginare che i caregiver fatichino a conciliare la corriera lavorativa e l’attività di cura e che le condizioni economiche ne risentano: il 67 per cento delle famiglie in cui vive una persona con disabilità non può permettersi una settimana di vacanza all’anno, più di un quinto non può riscaldare sufficientemente l’abitazione o consumare un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni.
E dietro ai numeri ci sono, come sempre, persone in carne ed ossa. <<Ero una libera professionista nel campo della musica – racconta A. C., di Verona – ora non posso più lavorare. Mi devo occupare a tempo pieno di mio figlio , che oggi ha 14 anni>>. Nel 2005 A. è stata <<catapultata>> nel mondo parallelo della disabilità con la nascita del suo primogenito. E tre anni dopo ha avviato un progetto che poi sarebbe diventato la onlus >>Genitori Tosti In Tutti I Posti>>, di cui è presidente. <<Ma noi genitori – precisa – non siamo volontari, perché siamo costretti a fare i caregiver. Per questo lo Stato ci deve riconoscere come lavoratori e poi a darci il pre-pensionamento>>.
A.C. cita lo studio del premio Nobel in Medicina Elizabeth Blackburn, secondo il quale i caregiver hanno una speranza di vita dai 9 ai 17 anni più bassa a causa dello stress. Il sostegno che i familiari ricevono dal pubblico dipende in gran parte dalla regione in cui abitano. <<Qui in Veneto – dice A. C. – io che assisto mio figlio (totalmente non autosufficiente) ricevo 120 euro al mese>>. Il vuoto di riconoscimento sta per essere colmato. Il testo della legge nazionale è pronto e si avvia verso la discussione e l’approvazione in Parlamento.
<<Il disegno di legge – spiega la prima firmatrice, la senatrice del M5S Simona Nocerino – è stato approvato da tutte le forze politiche ed è stato depositato in Commissione Lavoro e previdenza sociale al Senato. La legge prevede, tra l’altro che i caregiver abbiano diritto al telelavoro e allo smart working, se l’attività lavorativa lo permette, e ricevano tre anni di contributi figurativi equiparati al lavoro domestico>>.
Ma le associazioni chiedono alcune modifiche. Secondo il presidente del Coordinamento nazionale famiglie (*) con disabilità Alessandro Chiarini la legge è insufficiente di fronte a questa emergenza sociale. <<Non soltanto esistono sperequazioni tra le singole Regioni, ma le Regioni stesse cambiano il trattamento dei caregiver di anno in anno ed è uno stillicidio per le famiglie. È un problema di diritti e di risorse: una legge approvata a fine 2017 stabilisce un Fondo per il triennio 2018-2020, soldi non utilizzabili finché non c’è la legge e comunque una cifra inadeguata, che non tiene conto delle effettive necessità.
Siamo in attesa di incontrare i membri della commissione del Senato>>.
Le associazioni chiedono contributi figurativi non soltanto per tre anni e la possibilità di prepensionamento, un assegno per chi non ha un reddito sufficiente, lo snellimento delle procedure burocratiche e percorsi preferenziali nelle strutture sanitarie. <<Sappiamo – conclude la senatrice Nocerino – che in fase emendativa bisognerà apportare migliorie e correggere il testo>>. Se tutto dovesse andare bene , la legge sarà approvata definitivamente prima dell’estate? <<Spero di sì, ma non voglio creare false aspettative>>.
(articolo di Fausta Chiesa da Buone Notizie Corsera)
(*) Il Coordinamento Nazionale Famiglie con disabilità = associazione che riunisce i genitori : www.confad.eu